Il titolo dell’avvincente libro dell’amico Francesco Russo, da consigliare, è quello che meglio rappresenta l’avvicinamento alla Partita di stasera tra il Real Madrid e la Fiorentina.
Partita celebrativa che ricorda quella svoltasi al Bernabeu di Madrid il 30 maggio 1957, finale della Coppa dei Campioni.
E’ una calda notte, arriviamo a Madrid e scendiamo alla fermata della metro Santiago Bernabeu. Dietro gli ippocastani del Paseo della Castellana, arteria vitale della capitale spagnola, già cara a Mario Soldati, si intravede il colossale mostro, l’antro dove la squadra di Bernardini andò a giocarsi la Coppa.
Era un giovedì quel 30 maggio 1957; andiamo a vedere cosa successe in quell’anno che avrebbe segnato uno dei punti più alti della storia della Fiorentina e che stasera 23 agosto 2017 andremo a ricordare.
A Cuba si registra il primo successo militare dei ribelli, il Ghana diviene il primo stato africano ad ottenere l’Indipendenza, a Roma viene firmato il Trattato che prende nome dalla città capitolina e che sarà base per la successiva Unione Europea, Kerouac pubblica il libro “On the Road”, culto della Beat Generation, l’Egitto riapre il Canale di Suez, scontri razziali a Little Rock, Arkansas, il presidente Eisenhower è costretto ad inviare l’ esercito, in Europa si installano le prime basi NATO.
E’ dunque un momento assai formativo per la Storia Europea e non solo, quando gli undici ragazzi in viola scendono a Madrid.
Intimoriti dalla mole del Bernabeu, in religioso rispetto, dal balcone del ristorante all’interno della stadio, trascuriamo la cena per correre incontro a quel campo che nei sogni del ’57 era Arena dell’agone sportivo…. Niccolò Carosio lo avrebbe descritto così.
Erba di un verde abbagliante, fari a livello campo che proiettano un gioco di luci e ombre, soprattutto ombre…
Ma quello che vola sulla fascia è Julinho, Giulio come lo chiamava mio nonno ed i tifosi che ebbero la fortuna e la gioia di ammirarlo, la crocifisso tra i pali e la traversa, questa la definizione del portiere del grande poeta triestino Umberto Saba, c’è Giulianino Sarti, gioca Scaramucci e non Chiappella, Bizzarri all’ala, Tranquilli centromediano, nome antico per un ruolo rude, gioca Segato.
Ecco si invola un attaccante merengues, dai Magnini, Ardico non mi viene, lo riprende, segato, tanto il fallo da ultimo uomo non è stato ancora sancito come tale, dai dai, preso, fiuuu pericolo scampato!!!
Ma cosa fa quell’ungherese Horn, cosa fischia rigore, nooooo, maledetto lui e chi ce lo ha mandato!!! Uno dei maestri del Calcio mondiale, Di Stefano, realizza, poi Gento raddoppia.
È arrivata la cena, le luci adesso sul campo non proiettano più ombre.
La squadra della finale del 1957 esce dal campo per entrare nella leggenda, sicuramente è impiantata nel cuore di ogni tifoso viola. Ed adesso, uscendo e vedendo il mostro, ho meno paura, dentro di me c’è Firenze, e il sogno di quegli undici ragazzi vestiti di viola, cavalieri indomiti, seppur sconfitti sul campo del Bernabeu, e la notte è più dolce a Madrid.