Una splendida lettera quella rivolta al capitano della Rondinella Marzocco Jack Fusi, calciatore arrivato da giovane nella società biancorossa, ed oggi alla sua settima stagione con questa maglia indosso.
“Capitano mio capitano,
“L’attimo fuggente” ed una scena celebre, con i ragazzi sugli attenti agli ordini del professor Keating.
Perché scriviamo questo caro “Jack”? Perché il capitano di una squadra dilettantistica è un simbolo meraviglioso. In un calcio sempre più impazzito e pieno di milioni che continua a distanziarsi dalla gente, essere attaccati alle radici del territorio diventa quasi anacronistico, irrazionale, irreale.
Ed invece, caro Jack, tu ti appresti a fare la settima stagione con la nostra gloriosa maglia. Arrivato un ragazzino, divenuto leader, uomo, e capitano. Uno che apprezza la fatica, spalleggia l’altro, crede nel lavoro e difende la propria società. In altri tempi questi personaggi venivano chiamate bandiere, e siamo sicuri che tu, nella tua cameretta di bambino, hai sempre sognato di diventarne una.
È un calcio sempre più “macchina da soldi” dove ad ogni orario spezzatino si inserisce una moneta in una slot-machine- dove il jackpot – lo fanno solamente i calciatori super pagati.
Essere capitano della Rondinella è una responsabilità, esserlo nel calcio dilettantistico una fede, esserlo dopo aver scalato le gerarchie è un vanto.
Chi ti conosce sa bene che preferisci una pacca sulla spalla anziché una lettera melensa, ma perdonaci Jack, il tuo compleanno di ieri (a proposito, auguri vecchia carcassa) ci ha fatto riflettere in un modo più ampio.
In un calcio dove ogni componente: dal Presidente all’ultimo atleta dei Piccoli Amici, credono ancora in uno sport meraviglioso che dura 90 minuti a settimana, che è una missione sociale per sentirsi “parte di un qualcosa”, che non lascia indietro nessuno, e che mette a rischio le proprie relazioni con fidanzate ed amici, lavoro e famiglia, per correre in un campo di calcio a dimensioni ridotte, in una settimana fredda e buia, in un campionato che, tranne per gli ultimi baluardi rimasti appesi a questo calcio, non interessa a nessuno.
Siamo dimenticati da Dio? E così sia.
Il calcio vero, non abita al Camp Nou o a Old Trafford. Abita al Bozzi, oppure in un prato dove con due giubbotti a terra, la storia del calcio ricomincia. Quello della gente, quello per… La gente.
Grazie capitano”.