Il fatto di vincere le partite da vincere e perdere quelle da perdere, pareggiando quelle da pareggiare, lascia aperta la prospettiva di dove possa arrivare questa giovane e poco spavalda Fiorentina. Un atteggiamento, la mancanza di coraggio, in contrasto con l’età media della squadra viola che, al contrario, imporrebbe quelle irriverenti giocate mancate nelle ‘grandi’ trasferte contro il Napoli e la Lazio dove la Fiorentina ha peccato di personalità anche se sono stati dei singoli episodi a condannarla. Che dalla gioventù, in quanto squadra più giovane d’Europa, tragga dunque la faccia tosta di chi non ha paura.
Al di là di questo, si ha l’impressione che la Fiorentina stia come in equilibrio sulla corda delle proprie potenzialità, dove basta un nulla per spiccare il volo o viceversa precipitare, dove il confine tra positivo e negativo è labile, come salire o scendere di qualche postazione fino al quinto oppure al decimo posto in classifica. Tutto molto equilibrato, quindi, secondo le previsioni di inizio stagione.
Il tridente affascina ma è ancora un quesito irrisolto. Pjaca da aspettare o lasciare in panchina? Eppure il giocatore viene convocato nella nazionale croata e ha giocato gli ultimi minuti della finale di Coppa del Mondo. Come può, dunque, essere in ritardo di condizione un vicecampione del mondo? A Simeone manca ancora l’istinto killer del goleador ma può anche essere dovuto all’età; di sicuro i chilometri percorsi in una partita, seppure lodevoli, per un centravanti non valgono quanto le reti realizzate. Chiesa è forte. Più forte di tutto. Dei giornali e delle televisioni del nord, degli allenatori con un passato juventino ma rimasti ad allenare una provinciale, dei social.
La difesa nei suoi quattro componenti è una nota positiva anche se qualche osservazione si può fare. Biraghi più portato a offendere che difendere, Vitor Hugo ingenuo sul rigore per l’Inter, Pezzella infilato da Insigne nel gol napoletano, Milenkovic esterno ma il suo ruolo ideale sarebbe quello di centrale. Buone notizie vengono dallo slovacco Hancko, valida alternativa a Biraghi in difficoltà su Lazzari contro la Spal. Lafont dalle uscite scapestrate e da alcuni difetti tecnici di gioventù, va aspettato, ma quanto?
La squadra titolare è quindi disegnata da Pioli in modo abbastanza definito con la sola alternativa a centrocampo dove Veretout e, in parte, Benassi sono sicuri del posto mentre il narcisismo di Gerson e il compitino di Edimilson si alternano a seconda di una proposta di gioco più o meno offensiva. E Norgaard? Di lui, come di altri acquisti di questo ultimo mercato, si hanno finora poche tracce. Ma il mancato utilizzo del danese fa pensare quanto, in realtà, sia proprio lì il problema della Fiorentina, lì dove non nasce ma dovrebbe nascere il gioco. Un ruolo ormai raro, quello del regista, perciò ancora più prezioso. Tra l’altro consentirebbe al pur bravissimo Veretout di ritornare nel ruolo di mezzala dove tanto ha fatto bene l’anno scorso e segnato. Il problema, quindi, è a centrocampo ma niente di nuovo, già si intuiva a inizio stagione. Come lo risolverà Mister Pioli?