Sono alla fine tre le medaglie azzurre agli Europei di Torun in Polonia, una per ogni colore. Aveva cominciato con l’oro sui 60 metri Marcel Jacobs (atleta passato anche dalla Virtus Lucca), con un crono strepitoso che lo proietta ad essere davvero colui che potrebbe eguagliare alcune gesta di Mennea, soprattutto all’aperto e sulla distanza più lunga dei 100 metri quando il lanciato lo favorisce. Fino ad ora era un testa a testa con Filippo Tortu, l’erede designato della freccia di Barletta, ma nel confronto decisivo, la scorsa estate agli italiani assoluti di Padova il confronto decisivo mancò perchè Tortu accusò un dolorino dopo la batteria e non si presentò in finale. Poi i due non si sono più incrociati. Tortu è ai box dopo il Covid, Marcel invece sembra, scongiuri permettendo, aver superato il periodo di infortuni continui, ha lavorato per riequilibrare il suo fisico e sembra aver trovato la quadratura, anche grazie a uno staff tecnico composto da più persone che lavora solo per lui.
Per aggiungere qualche particolare di cronaca va detto che il crono dell’azzurro in finale è stato di 6”47, nuovo record italiano migliorato di 4 centesimi e a soli 5 centesimi dal record europeo di un autentico armadio viaggiante quale era l’inglese Dwain Chambers. Aggiungiamo che un altro sprinter italiano ha centrato il primo posto nella competizione continentale al coperto 36 anni dopo Stefano Tilli (1983, oro agli Euroindoor di Budapest) che stavolta lo ha commentato nella diretta Rai.
Nella mattina di domenica è arrivata anche la medaglia con Tamberi nell’alto. Superati i 2,35 l’istrionico azzurro ha esultato come se avesse già vinto, forse buttando li, inutilmente, molte, troppe energie, e scaricandosi un po’. Il bielorusso Nedasekau invece ne aveva ancora ed è arrivato a 2,37, beffando il marchigiano.
Nel pomeriggio di domenica ecco anche il bronzo per Paolo Dal Molin sui 60 ostacoli. Il 33enne poliziotto azzurro, già argento otto anni fa, con 7″56 arriva a un solo centesimo dal primato stagionale, e a cinque dal suo record italiano. Solido, quadrato, sicuro di sè, tranquillo, è il volto di questa nuova Italia dell’atletica targata Stefano Mei, un presidente che è stato atleta (e che atleta!), con cui gli atleti si rapportano come verso uno che capisce le loro sensazioni e con cui per contro non si può bleffare.
Nel finale della rassegna belle gare della 4×400 uomini e donne, con le seconde che sfiorano il podio e lo fanno a suon di record italiano. Una nuova generazione che rimpiazza la precedente. Nessun nome del nuovo quartetto era anche nel quartetto del record precedente. Oltre un secondo di miglioramento per Rebecca Borga, Alice Mangione, Eleonora Marchiando ed Eloisa Coiro: 3:30.32. Detronizzato il 3:31.55 di tre anni fa con cui Lukudo, Folorunso, la toscana Bazzoni e Spacca furono quinte ai Mondiali indoor di Birmingham.
Per quanto riguarda Larissa Iapichino e il suo quinto posto, non c’è delusione. E’ vero che la gara del salto in lungo è stata vinta con 6,92, un centimetro soltanto in più della misura di 6,91 fatta da Larissa ai Tricolori di Ancona. Ma è anche vero che la 18enne fiorentina si trovava per la prima volta a misurarsi in un contesto dove era circondata da atlete più evolute di lei e che qualsiasi atleta avrebbe firmato per essere lì tra le favorite alla sua età a giocarsi una finale continentale. Un conto è il “clima” di un campionato italiano, dove tutti sono lì per te e hai l’attenzione di tutto un impianto, un altro conto è l’ambiente asettico di una rassegna internazionale assoluta dove devi dimostrare di saper stare nella partita. E tra qualificazione e finale Larissa ha dimostrato di poterci stare e saper gestire le tensioni. Manca ancora la consapevolezza atletica (non mentale) che ti consente di avere dei margini di errore da giocarti a questi livelli, prima in qualificazione e poi in finale. Insomma non aver per forza necessità del salto perfetto per poter competere con quelle avversarsarie. Come ad esempio Laura Strati che ha chiuso sesta ma sia in qualificazione che in finale, senza andare sull’ottovolante come la fiorentina. Perchè consapevole dei propri mezzi, che non sono superiori a quelli che potenzialmente può esprimere Larissa. Ma che partono dalla consapevolezza di poter raggiungere costantemente certe misure. Di questa consapevolezza ancora Larissa non dispone. Ma siamo solo all’inizio del percorso.